IL POTENZIALE DELLE SOLUZIONI NATURALI E DELLA LORO COMBINAZIONE CON TECNOLOGIE CONVENZIONALI NEL TRATTAMENTO DEI REFLUI URBANI
Abstract
Entro il 2050, si prevede che il 68% della popolazione mondiale vivrà in contesti urbani e che la domanda di acqua per tutti gli usi aumenti del 20%-30% a causa della crescita demografica, dei cambiamenti nelle abitudini di consumo e delle maggiori richieste provenienti dai settori industriale e domestico (OCSE, 2015; United Nations, 2019). Queste pressioni sulla disponibilità d'acqua nelle città suscitano preoccupazione, perché nella maggior parte dei casi i modelli attuali di gestione dell'acqua urbana non tengono conto delle possibilità di riutilizzo in loco. In questo contesto, assumono particolare rilievo i sistemi decentralizzati di gestione della risorsa idrica (Decentralised Water System, DWS, Lu et al., 2019). I DWS promuovono infatti un cambiamento di paradigma, passando dal trattamento e dallo smaltimento secondo una logica lineare a un modello circolare che privilegia il trattamento di basse quantità d'acqua, il più vicino possibile alla fonte originale, promuovendo schemi di riutilizzo locale per scopi non potabili, riducendo così la pressione sull'approvvigionamento d'acqua potabile (Novotny and Brown, 2007; Nelson, 2008; Capodaglio et al., 2017). Inoltre, a differenza dei sistemi centralizzati, che comportano lunghi percorsi per il trasporto delle acque reflue, reti di tubazioni ingenti e molte stazioni di sollevamento (Oliveira et al., 2021), la maggior parte dei DWS richiede costi strutturali inferiori e minori quantità di energia, grazie a reti di raccolta e distribuzione più piccole in grado di sfruttare meglio la gravità (Capodaglio et al., 2017).
La maggior parte delle tecnologie di trattamento delle acque reflue attualmente applicate nei sistemi centralizzati può essere implementata anche in contesti decentralizzati (Capodaglio et al., 2017). Diversi studi ne hanno infatti dimostrato la fattibilità, andando a implementare tecnologie avanzate come la filtrazione a membrana (Kümmerer et al., 2016), i processi avanzati di ossidazione ed elettrochimici (Otter et al., 2020), le tecniche di adsorbimento (Schumann et al., 2020) e i metodi di disinfezione (Alfiya et al., 2017) in sistemi decentralizzati. Queste tecnologie "grigie" sono altamente efficienti nella rimozione di una vasta gamma di contaminanti e possiedono un'impronta ecologica minore, agevolando la loro implementazione in contesti urbani dove lo spazio è limitato (Andersson et al., 2017). Tuttavia, in genere comportano un elevato consumo di energia e un considerevole costo di manutenzione (Garrido-Cardenas et al., 2020). Inoltre, potendo causare la formazione di sottoprodotti tossici di disinfezione (come nitrosammine, bromato), residui di catalizzatori (es. nano-particelle di titanio) e residui di vario tipo a seconda della tecnologia selezionata, la loro sostenibilità ne può occasionalmente risultare inficiata (Jahan et al., 2021; Funke et al., 2021; Keyikoglu et al., 2021).
In questo contesto, il potenziale delle cosiddette “soluzioni naturali” (Nature-based solution, NbS), come le zone umide artificiali (constructed wetlands, Capodaglio et al., 2017; Kobayashi et al., 2020), laghetti e lagune (Rizzo et al., 2020; Fiorentino et al., 2016), pareti (Svete, 2012; Masi et al., 2016; Fowdar et al., 2017) e tetti verdi (Zehnsdorf et al., 2019), è notevole, potendo queste tecnologie "verdi" facilitare il riuso locale dell'acqua nelle città. Infatti, oltre a garantire una serie di benefici ambientali e socio-economici (servizi ecosistemici come l’incremento della biodiversità o il miglioramento della qualità dell'aria), le tecnologie "verdi" sono economicamente convenienti, grazie al ridotto consumo energetico e ai bassi costi di implementazione e manutenzione (Fowdar et al., 2017; Zehnsdorf et al., 2019; Kobayashi et al., 2020).
