Editoriale

  • Francesco Pirozzi

Abstract

DA RIFIUTO A RISORSA.

I campi e le modalità di azione degli ingegneri sanitari hanno avuto, nel tempo, notevoli trasformazioni, allo scopo di rispondere, sul piano tecnico, ad esigenze mutevoli dell’uomo e della società.
Inizialmente, la loro attività fu essenzialmente finalizzata alla salvaguardia della salute pubblica, che veniva quasi esclusivamente perseguita attuando interventi tecnici volti al miglioramento della qualità delle risorse naturali maggiormente correlate allo stato di salute dell’uomo: acqua, aria, suolo. L’avvio della pratica diffusa della disinfezione dell’acqua potabile e della depurazione biologica di quella reflua, l’installazione dei sistemi di trattamento dei fumi negli stabilimenti industriali, il passaggio dagli immondezzai alle discariche controllate danno con immediatezza l’idea dell’importanza dell’opera degli ingegneri sanitari già a cavallo tra il XIX e il XX secolo, e quindi durante l’intero secolo passato.
Eppure, rapidamente si intuì che un’azione basata sui soli interventi tecnici, attraverso la realizzazione di impianti e opere o l’installazione di dispositivi, non poteva costituire una risposta di per sé sufficiente all’esigenza imprescindibile di perseguire il miglioramento della vita della popolazione, ottenibile, invece, accoppiando alle finalità sopra esposte quella della salvaguardia in senso lato della qualità delle componenti ambientali. Tale presa di coscienza consentì di estendere il concetto stesso dell’intervento ingegneristico, considerando la realizzazione di un’opera come uno dei tasselli di una strategia di più ampia portata, basata anche sulla pianificazione dell’uso delle componenti ambientali e sulla messa a punto di efficaci azioni di prevenzione, da attuare, in primo luogo, ma non solo, attraverso la stesura e l’emanazione di un efficace quadro regolamentare e normativo. In tale ottica, si intuisce bene l’esigenza che si ebbe alla fine degli anni ’80 di ridenominare la disciplina, passando dall’ingegneria sanitaria, all’ingegneria sanitaria-ambientale.
Negli ultimi anni, le finalità degli interventi di ingegneria sanitaria-ambientale sono diventati ancora più ambiziosi. Il nuovo cimento, da considerare, si badi bene, aggiuntivo a quelli già sopra indicati, è rappresentato dal recupero di energia, di risorse e di materie prime dai flussi residui dalle attività umane. Tale prassi si è già sufficientemente sviluppata e consolidata nel campo dei rifiuti solidi, soprattutto industriali, senz’altro in conseguenza delle soluzioni tecnologiche sempre più evolute introdotte nello specifico settore, ma anche in virtù delle difficoltà vieppiù crescenti registrate nell’approvvigionamento di materie prime. Le attività di riutilizzo/recupero/sfruttamento di molti rifiuti industriali si sono dimostrate vere e proprie opportunità imprenditoriali, molto convenienti dal punto di vista economico, e, quindi, non hanno avuto problemi ad imporsi: esempi significativi di tali tipologie di rifiuti sono costituiti dagli imballaggi, da quelli elettrici ed elettronici, dai pneumatici, dagli oli minerali o vegetali, dalle batterie, etc.
Il recupero di risorse da rifiuti è destinato inevitabilmente a diffondersi, ed imporsi, in altri campi di competenza degli ingegneri sanitario-ambientali, dando luogo all’affermazione della cosiddetta economia circolare, via via che la convenienza economica delle relative applicazioni andrà aumentando, ed in conseguenza del progressivo depauperamento a cui stanno andando incontro molte materie prime: il nostro pianeta non sembra in grado di poter continuare ancora a lungo ad assicurare ogni anno il prelievo, tra le altre cose, di 60 miliardi di tonnellate di roccia, pietre, sabbia e ghiaia, di 45 miliardi di tonnellate di materie prime necessarie all’approvvigionamento di combustibili, di 27 miliardi di tonnellate di biomasse. Certamente molto potrà ancora essere recuperato dai rifiuti solidi, anche urbani, ma grosse opportunità potranno aversi nel campo delle correnti liquide: la valorizzazione energetica di reflui ad elevato contenuto organico o il recupero del fosforo dalle acque, tanto per fare due esempi, rappresentano pratiche che sicuramente in futuro saranno, ancora di più rispetto ad oggi, pienamente sviluppate ed attuate.
Le pratiche volte al recupero di risorse, in generale, dai rifiuti avranno la possibilità di imporsi tanto più velocemente quanto più rapida ed efficace sarà la diffusione delle conoscenze e delle informazioni all’uopo necessarie, in termini sia processistici che impiantistici. Nel nostro Paese, costituiscono una sicura garanzia a riguardo; da un lato, la numerosità e la qualità dei corsi di formazione e delle manifestazioni tecnico-scientifiche organizzate sui temi dell’ingegneria sanitaria-ambientale, con il contributo spesso determinante del mondo accademico, solitamente frequentati con profitto ed interesse da un gran numero di partecipanti, provenienti sia dal settore pubblico che da quello privato; dall’altro, il progressivo inserimento in diversi comparti del mondo del lavoro, in posizioni sempre di più apicali, di ingegneri per l’ambiente e il territorio, specificamente formati per la risoluzione dei problemi ambientali e depositari, più di qualunque altra figura professionale, delle competenze, delle conoscenze e delle tradizioni delle Scuole universitarie italiane di ingegneria sanitaria-ambientale.

Pubblicato
20-06-2015
Sezione
Articoli di ricerca