Qualità dell’aria, informazione e citizen science

  • Giovanni Lonati Politecnico di Milano Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale (DICA)
Parole chiave: ARIA, informazione

Abstract

Al primo instaurarsi delle tipiche condizioni invernali di stabilità meteorologica, se non già, anticipatamente, al termine del periodo autunnale, torna puntualmente alla ribalta dei mezzi di informazione il tema dell’inquinamento atmosferico nelle aree urbane in generale ed in quelle dell’Italia settentrionale in particolare. Le caratteristiche orografiche del territorio, che limitano la mobilità ed il ricambio delle masse d’aria, la stratificazione termica dell’atmosfera, che favorisce l’accumulo degli inquinanti nei suoi bassi strati, e l’attivazione degli impianti di riscaldamento, che si aggiungono alle sorgenti emissive già attive nel corso dell’anno, sono infatti condizioni comuni a molte aree del territorio nazionale e tali da portare al superamento dei valori di riferimento di breve periodo per la qualità dell’aria, con la conseguente attivazione dei piani intervento.

L’attenzione mediatica tende, tuttavia, a focalizzarsi essenzialmente sulle azioni previste in tali piani di intervento ed in particolare sulle ulteriori restrizioni alla circolazione veicolare nelle aree urbane che, in occasione degli eventi acuti e persistenti di inquinamento, si estendono anche ai veicoli di immatricolazione relativamente più recente, in aggiunta a quelle già fissate per i veicoli di ben più datata immatricolazione e valide per l’intera stagione invernale. Il messaggio così formulato induce quindi ad attribuire, in maniera del tutto generalizzata, la causa principale dell’inquinamento alle emissioni del traffico veicolare, senza debitamente considerare la specificità degli inquinanti. Inoltre, la forte connotazione dell’ambito locale degli interventi restrittivi porta a sopravvalutare il contributo della sorgente e, conseguentemente, ad aspettative di efficacia degli interventi che possono risultare anche completamente disattese a fronte di condizioni meteorologiche particolarmente sfavorevoli alla dispersione degli inquinanti. Per contro, a fronte dell’indubbio impatto sulla mobilità individuale della popolazione che risiede nelle aree urbane interessate dai provvedimenti e, soprattutto, su quella dei lavoratori che quotidianamente vi raggiungono il posto di lavoro, sovente senza valide alternative di trasporto pubblico, l’attenzione così spinta sul traffico veicolare porta parte dell’opinione pubblica a reclamare nel riscaldamento domestico la responsabilità degli episodi invernali di inquinamento.

Si perpetua così l’annosa contrapposizione tra traffico veicolare e riscaldamento domestico quale unica sorgente responsabile dell’inquinamento atmosferico nelle aree urbane e soprattutto si trasmette ancora una visione “localistica” delle sue cause quando, invece, esse vanno ricercate in un ambito spaziale più ampio che, nel caso delle città dell’Italia settentrionale, si estende al complesso della pianura padana.

In una sorta di semplicista reductio ad unum delle cause dell’inquinamento atmosferico, il mondo dell’informazione tende a ricercare in una sola fonte la responsabilità della criticità ambientale, semplificando così un problema complesso tanto dal punto di vista dei fattori determinanti quanto da quello delle forme con cui esso si manifesta, ovvero dalla diversa natura degli inquinanti che, singolarmente o congiuntamente, non rispettano i valori normativi di riferimento.  La complessità del problema e dell’individuazione delle soluzioni più opportune risulta ulteriormente ingrandita dalle connessioni tra qualità dell’aria locale e fenomeni globali come i cambiamenti climatici che richiedono un approccio di intervento integrato alla ricerca di effetti win-win per le due istanze ambientali determinate dell’inquinamento atmosferico. Proprio per questa trascurata complessità, l’inquinamento estivo da ozono, la cui natura di inquinante secondario non consente di individuare una fonte di emissione su cui scaricare la colpa, trova molta meno attenzione sui mezzi di informazione.

Un altro elemento che caratterizza l’inizio dell’anno è rappresentato dalla disponibilità  delle serie storiche di dati di qualità dell’aria relativa all’anno precedente, con la conseguente possibilità di concludere “consuntivamente” la valutazione della qualità dell’aria con riferimento ai limiti normativi che si basano sul complesso annuale dei dati. L’elaborazione dei dati, sviluppata tanto dalle autorità competenti quanto da associazioni di cittadini, pur conducendo ai medesimi risultati quantitativi dà luogo a comunicazioni dai contenuti più meno ottimistici o allarmistici, a seconda di chi effettua l’elaborazione. Tali comunicazioni, normalmente contrastanti, trovano solitamente ampio risalto nei mezzi di informazione, soprattutto a livello locale, con il risultato finale di creare una confusione in cui l’opinione pubblica fatica a comprendere il reale stato ed evoluzione delle condizioni ambientali. In particolare, da un lato le autorità competenti tendono ad evidenziare, correttamente ma talora anche in maniera eccessivamente enfatica, il risultato positivo determinato dal progressivo incremento delle situazioni di rispetto dei limiti normativi, o dalla progressiva diminuzione dell’entità delle situazioni di non conformità, ovvero la quantità del numero di eventi di superamento delle soglie; dall’altro lato, le associazioni di cittadini che pongono l’enfasi, anche giustamente, sul persistere di condizioni di mancato rispetto dei limiti normativi, soprattutto con riferimento ai limiti di breve periodo, chiedendo misure più incisive per contrastare l’inquinamento atmosferico e tutelare la salute pubblica.

Oltre alla confusione interpretativa di quello che, al contrario, dovrebbe essere un risultato univoco ed oggettivo da cui trarre le indicazioni per la gestione della qualità dell’aria, lo scontro comunicativo alimenta un clima di conflittualità e sfiducia tra istituzioni e cittadini, per certi versi analogo a quello che caratterizza molte iniziative di citizen science che stanno diventando sempre più frequenti e popolari anche nel nostro paese. Molto spesso, infatti, l’intento di queste iniziative di raccolta ed elaborazione di dati di qualità dell’aria è più teso a “sconfessare” le istituzioni mostrando, tramite misure diffuse con metodi a basso costo, l’inadeguatezza della rete di monitoraggio e, quindi, la scarsa tutela della salute dei cittadini. Se questo approccio può essere giustificabile in determinati contesti in cui, oggettivamente, esistono delle carenze, al contrario il monitoraggio ambientale della qualità dell’aria tramite la citizen science dovrebbe più correttamente porsi a complemento delle misure della rete “ufficiale” così da estendere, consolidare ed irrobustire la conoscenza dello stato ambientale in un approccio collaborativo a vantaggio dell’intera collettività.

Il valore più importante delle iniziative di citizen science risiede probabilmente nell’arricchimento culturale dei cittadini direttamente coinvolti, così da allargare la platea dell’opinione pubblica in grado di poter autonomamente e criticamente prendere atto della situazione e formulare proprie valutazioni, senza lasciarsi influenzare dalla sintesi superficiale, semplicistica e sensazionalistica che spesso, purtroppo, caratterizza la comunicazione di complessi problemi ambientali nell’attuale sistema dell’informazione.

Pubblicato
12-03-2019